“Ah, la vita... Quanti inverni ho visto passare qui, tra le mura del mio mulino, sotto lo sguardo attento della mia ruota che non smette mai di girare. Ogni suo scricchiolio, ogni gemito del legno bagnato, è una parola che solo io so interpretare"
“Ah, la vita... Quanti inverni ho visto passare qui, tra le mura del mio mulino, sotto lo sguardo attento della mia ruota che non smette mai di girare. Ogni suo scricchiolio, ogni gemito del legno bagnato, è una parola che solo io so interpretare"
Mi chiamo Franco e questo è il mio regno. Un regno fatto di grano, d’acqua e di fatica onesta. Ricordo bene le albe gelide, quando il borgo dormiva ancora, e io ero già qui, a controllare che la roggia non gelasse, che la ruota fosse libera di danzare. Era la mia responsabilità, un peso e un onore, far sì che la gente del borgo avesse il suo pane. Non era un mestiere semplice, sapete. Bisognava conoscere il fi ume, sentire l’umore dell’acqua, prevedere le piene, gestire la siccità. E poi il grano: ogni sacco una storia diversa, dal campo del contadino Pinuccio a quello della famiglia Ferrari. Bisognava saper regolare le macine, sentire con le mani la grana della farina, fi na o grossolana, a seconda di quel che si doveva preparare. Ogni tanto si rompeva un pezzo, un ingranaggio, e via a lavorarci giorno e notte per non lasciare nessuno senza il prezioso frutto del nostro lavoro. E le voci... Oh, quante storie ho sentito passare da queste porte! I pettegolezzi del mercato, le gioie dei matrimoni, la tristezza delle partenze, i sogni dei bambini che venivano qui a guardare la magia della trasformazione. Il mulino non era solo un luogo di lavoro, era il cuore pulsante del borgo, un crocevia di vite. Oggi, forse, il mondo corre più veloce. Ma qui, tra queste pietre antiche e il suono costante dell’acqua, si sente ancora l’eco di quelle giornate. Si sente l’odore del grano, la fatica di chi ha costruito questo luogo, la speranza di chi ha atteso la sua farina. Fermatevi un istante, chiudete gli occhi. Riuscite a sentire anche voi la sua voce? La voce del mulino, che racconta una storia lunga secoli.
Rappresenta un insediamento produttivo le cui origini sono certamente molto antiche, realizzato alla confluenza del rio Lentino con il torrente Tidone, il complesso edilizio ha, nel corso della sua storia, subito vari rimaneggiamenti. Si può certamente affermare che l’insediamento primitivo già nasceva con funzioni prettamente produttive, il luogo indica una motivazione unica per la realizzazione,
anche se qualche dubbio può farlo sorgere un elemento che rimane ancora oggi staccato dal contesto del complesso e che certamente risulta molto antico sia per la struttura che per il livello sul quale è posizionato rispetto a tutte le altre costruzioni: la casa a torre situata centralmente rispetto a tutto il sistema edilizio del borgo, sorta forse anche come elemento a difesa e come strumento di comunicazione con coloro che dovevano proteggere tale importante struttura produttiva. La parte più antica destinata a mulino sembra essere il locale “A “ il cui piano di calpestio risulta scavato nella roccia, questo vano presenta evidenti ed inequivocabili tracce di un altro ingresso che portava verso il cortile interno, il che lascia supporre che il piano cortilizio attuale non sia quello originario del periodo della prima edificazione, non va dimenticato che il Tidone non era regimentato come attualmente è dallo sbarramento artificiale del “Molato” nonché dallo stesso sbarramento posto pochi metri a monte dello stesso mulino, pertanto, le piene potevano essere improvvise e anche devastanti inoltre lo stesso rio Lentino non è detto che sfociasse a valle del mulino ma anzi con molte probabilità il suo punto d’incontro con il Tidone era situato a monte del borgo e pertanto ad ogni piena poteva corrispondere un trasporto di detriti che contribuivano ad alzare il livello del piano dell’agglomerato edilizio.
Nei locali fino a pachi anni fa’ vi erano posizionate tutti gli ingranaggi, le macine e le macchine per la produzione delle farine, sulla parete rivolta a sud sono ancora visibili i fori per l’ingresso dell’albero di trasmissione al quale era collegata la ruota motrice (oggi in ferro - foto 2 -, ma sino a qualche tempo fa in legno), osservando l’edificio dall’esterno sono visibili altri fori che indicano un livello preesistente inferiore rispetto all’attuale. Il pavimento è di tavelle in cotto, le strutture verticali sono costituite da muri a sacco dello spessore che va dai 55 ai 70 cm. in pietra locale legata con malta realizzata con calce viva e sabbioncino, il pietrame proviene dal Tidone e dai campi circostanti, i muri internamente risultano intonacati a malta piuttosto grezza, le strutture orizzontali del soffitto sono costituite da travi di rovere ancora ben conservate. Il terzo locale - “C”- (foto n. 3), il primo quando si entra, ha un ingresso al Mulino ingresso ad arco che da sul piazzale posto innanzi alla casa a torre, questa ultima sembra quasi che possa sia stata messa come posto a controllo del macinato, forse ospitava l’addetto alla riscossione della decima per il signorotto titolare del feudo. Il locale “C” presenta una superficie maggiore rispetto ai primi due, la sua funzione era quella di magazzino, ma oltre alle granaglie e ai sacchi di macinato in questo locale, attraverso il portone (Foto 3), vi entravano i carri e i muli per il carico e lo scarico dei prodotti, mentre un’altra zona del vano era destinata alla misurazione del prodotto; gli strumenti erano molto probabilmente appesi ai muri ed al soffitto che con le robuste travi poteva sostenere sia lo strumento per la misura (lo staio, la mina, la stadera, ecc.) che il loro prezioso contenuto. In questo locale sono ancora ben leggibili le tracce di ben due ingressi verso il cortile interno, questi tracce confermano ancora una volta l’ipotesi di un piano cortilizio molto più basso rispetto a quello attuale. Il portone d’ingresso al mulino era posto dalla parte opposta della direzione del corso d’acqua perché ogni qualvolta che il livello dell’acqua del torrente saliva i danni potevano essere in tal modo limitati. La forma stessa a barca del cortile interno e dell’intero borgo non sembrano casuali se il primo insediamento è posto sull’affioramento roccioso l’intero complesso sembra aver una forma tale da offrire la minor resistenza all’acqua.